INTRODUZIONE
La Lunigiana prende il suo nome da Luni, porto e centro commerciale di età romana, situato alla foce del fiume Magra. Si presenta come una regione chiusa tra montagne e mare, tra le Alpi Apuane e la catena appenninica da una parte e il Mar Tirreno settentrionale dall’altra. Il suo territorio è in gran parte montuoso e collinare, coperto da ampie distese boschive di castagni e pini alternati a pascoli e piccole e grandi valli alluvionali. La valle principale è quella del fiume Magra. Questa ha inizio dal Passo della Cisa e, passando per Pontremoli, Villafranca e Aulla, scende fino a Sarzana, dove il fiume Magra sbocca in mare. La Lunigiana è attraversata anche da altri corsi d’acqua, quali l’Aulella, il Taverone, il Rosaro e la Vara, solo per citare i più importanti. La Valle dell’Aulella ha inizio dal Monte Tondo e termina sotto Aulla, dove il fiume sfocia nel Magra. La valle del Taverone, invece, nasce dal Passo Lagastrello per finire nella Val di Magra, tra Aulla e Terrarossa. Il fiume Rosaro, nascendo dal Monte Alto, sfocia nell’Aulella nei pressi di Soliera. La Vara è l’unico fiume importante che si trovi sulla sponda destra del Magra, nel quale confluisce nei dintorni di Santo Stefano Magra. Tutte queste valli laterali sono strette, coperte di boschi e colline, a differenza della Val di Magra che è larga e piena di fertili depositi alluvionali, che creano un ambiente idoneo ad una agricoltura intensiva.
Storia delle scoperte
In Lunigiana, a partire dal 1827, le statue-stele iniziarono a proporsi all’attenzione degli studiosi. In questa data, nell’alta Val di Vara, in località Novà di Zignago, venne trovata la stele detta appunto di Zignago (n° 57). Questa suscitò un immediato interesse non tanto per la sua curiosa forma quanto, piuttosto, per l’iscrizione in caratteri etruschi che recava incisa. L’Amati diede la prima notizia di questa stele lo stesso anno del suo ritrovamento.[1] Seguì l’ampia descrizione dell’abate Gerini, nel 1829.[2]Questa pubblicazione ebbe il merito di diffondere tra l’élite colta lunigianese, e non solo, la conoscenza della stele e della sua enigmatica iscrizione.
Nel 1886 il Capellini identificò come statue-stele due pietre emerse durante i lavori di costruzione dell’Arsenale militare marittimo di La Spezia, cioè gli esemplari La Spezia I e II (n° 2 e 3).[3] Ora queste stele sono scomparse e conosciamo il loro aspetto solo grazie ai disegni che il Cappellini fece. Produsse un certo scalpore il fatto che, accanto alle stele, vennero trovate ossa umane. Per il mondo culturale di allora questo particolare sembrò la prova inconfutabile del valore funerario delle stele, ipotesi che era già stata avanzata a proposito di quella di Zignago (n° 57). Ora il punto centrale della questione era stabilire se queste stele, chiaramente funerarie, raffigurassero il defunto oppure una divinità protettrice.[4]
Nei primi anni del 1900 furono scoperte, in Val di Magra e nelle valli laterali, nuove statue-stele. Nel 1910 l’ing. Tonelli, in una lettera, comunicò al Mazzini, uno dei maggiori studiosi di allora, la notizia del ritrovamento, risalente a qualche anno prima, di una stele nella Piana di Moncigoli, l’esemplare noto come Moncigoli I (n° 4).[5]Il Tonelli riferisce che, dopo la scoperta, la stele venne murata nella casa colonica della Contessa Fantoni. Probabilmente anche la Moncigoli II (n° 5) venne alla luce nello stesso periodo.
Nel 1905, durante i lavori di dissodamento di un castagneto in località Bocciari di Pontevecchio, vennero scoperte ben nove statue-stele in allineamento, a breve distanza l’una dall’altra. Per quasi quattro anni esse rimasero di proprietà di coloro che le avevano trovate, ma, nel 1909, il Museo Civico di La Spezia riuscì ad acquistarle per la somma di 500 lire.[6]
Nel 1908 venne riconosciuta una nuova stele, la Malgrate I (n° 30). Si trovava murata in una casa colonica di Malgrate dagli inizi dell’Ottocento.
Nel 1911-12 a Boceda, in una cava di argilla, venne recuperata per caso un’altra stele, la n° 17.
A partire dagli anni Venti le scoperte si moltiplicarono decisamente e così anche gli studi. L’interesse per il fenomeno aveva, ormai, valicato i confini non solo della Lunigiana, ma anche dell’Italia. Nel 1931 l’Octobon parlò delle statue-stele della Lunigiana all’interno della sua opera Enquête sur les figurations néo-énéolithiques: statues-menhirs, stèles gravées, dalles sculptées, apparsa a Parigi nella Revue anthropologique.[7]
Durante la seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra si fermarono le scoperte, ma non gli studi. Pensiamo, per esempio, allo studio elaborato nel 1948 dal Formentini circa la suddivisione delle statue-stele in tre gruppi tipologici.[8]
Gli anni più fecondi di scoperte furono i Sessanta-Settanta, che videro anche il tentativo di ordinare tutto il materiale, fino ad allora scoperto, in un corpus organico. Nel 1972 l’Ambrosi diede infatti alle stampe questo corpus, che comprendeva 45 stele.[9] Dal 1972 ad oggi altre stele sono state trovate e il loro numero totale è arrivato a 59, quattro delle quali, purtroppo, sono svanite nel nulla, cioè i due esemplari di La Spezia (n° 2-3) e le stele Filetto VI e VII.
[1]AMATI G., Frammento di stele, in Giornale Arcadico di Scienze, Lettere ed Arti, XXXX, 1828, p. 218 e seg.
[2]GERINI E., Memorie storiche di illustri scrittori e di uomini insigni dell’antica e moderna Lunigiana, Massa per Luigi Frediani, I, 1829, pp. 13-14.
[3]CAPELLINI G., Gli antichi confini del golfo di Spezia, in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, Classe di Scienze Fisiche e Matematiche, V (1983), 2° semestre, fasc. 9, p. 186.
[4]ANATI E., Le statue-stele della Lunigiana: i testimoni dell’ultima rivoluzione culturale della preistoria, Jaca Book, Milano, 1981, p. 24.
[5]La lettera è conservata nell’Archivio Storico della Biblioteca Civica di La Spezia (Epistolario di U. Mazzini).
[6]La notizia è contenuta in una lettera inviata il 30 Marzo 1909 dal sig. Mercanti di Tenerano al Mazzini. La lettera è conservata nell’Archivio Storico della Biblioteca Civica di La Spezia (Epistolario di U. Mazzini).
[7]OCTOBON C. F., Enquête sur les figurations néo-énéolithiques: statues-menhirs, stèles gravées, dalles sculptées, in Revue anthropologique, vol. XLI, Parigi, 1931, pp. 297-565.
[8]FORMENTINI U., Le statue-stele della Val di Magra e la statuaria megalitica ligure, in Rivista di Studi Liguri, vol. XIV/ 1-3, 1948, pp. 39-63.
[9]AMBROSI A. C., Corpus delle statue-stele lunigianesi, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 1972.